La catananna e il cardo

Mi arrampico, lungo Scardina, come lungo una storia, nata prima di me e raccontata in silenzio.
La stessa complicità mi anima, lo stesso abbandono mi accompagna.
Lasciarsi avvolgere dalle parole, fronde di ulivi scapigliate dal vento.
Lungo le leggere pendici vado incontrando volti e, improvviso, l’impellente desiderio di dar loro un nome, il loro nome.
La loro storia.
Sono tronchi di ulivi.
Volti pacati e profondi, saggi e intesi che contano i miei passi, piccoli grani di pazienza sciolti lungo il pendio a risalire la china e dominare dalla vetta l’orizzonte. Tessono storie che non conosco, intrecciano abbracci come imperituri richiami, ordiscono ricami in punta all’essere. Vecchie assolate cortecce sull’uscio di un antico sapere. Sul portico del mio cuore. Di salsedine e vento. Antiche imperiture eterne fanciulle promesse al Monte Pollino.
Come tornare lì e non sentirne l’abbraccio?
Il maestoso, solenne abbraccio delle foglie, dei tronchi, delle radici affiorate, come non sentire, qui, a Scardina, l’anima vegetale, cantare un tutt’uno con il Creato?
Accarezzo le cortecce e d’istinto il palmo della mano si trattiene sul battito di un cuore, sul pulsare della loro linfa vitale.
Quanti occasi avranno visto?
Quanti nidi avranno ospitato?
Quanti estati, inverni tempeste e passaggi di rondini.
A lungo, ho immaginato, parlassero, questi ulivi, con la madre quercia.
Solenne stabile possente che da lontano veglia il loro divenire. Un parlare solerte e taciuto.
Sono stata a Scardina come un viandante un ospite un passante.
Fino a non capirne l’anima.
Lì. Con le mani conserte, con gli occhi annebbiati che non ne potevano cogliere l’immenso.
L’energia possente e potente che si irradiava lungo il flusso delle radici, inestricabile e fitto, come le parole di una storia che si ripete e rinnova negli anni.
Scardina è nel palmo della mia mano che vi vuole sostare quando le tempeste tolgono l’ancora e lanciano in mare aperto, e solo un porto esiste, quello del cuore.
Sul ciglio della scarpata, lungo la strada, corrono cani randagi, fanali, vecchie ruote e lungo ciò che l’uomo deturpa nascono fiori d’infinito.
Fiori di cardo.
Di un azzurro indaco. Di un blu violaceo. Come l’occaso quando tinge l’ultima nota del nostro fiato fino a berla e farla sua per sciogliere il nostro respiro in quello dell’universo.
Quando il cielo, la terra e noi siamo un tutt’uno.
Garriscono le rondini e i cardi si confondono fra i nostri pensieri.
Come una macchia di felicità, selvaggia e indomita. Lungo Scardina, i fiori di cardo abbracciano l’uliveto con una linea azzurra invalicabile fra la bellezza e l’obbrobrio. Fra la purezza e il sudiciume. Fra la libertà e la pochezza.
Sono loro il muro di cinta dei miei ulivi.
Giganti valorosi e belli, si stagliano lungo i tramonti e le albe, fra i fili di paglia secca, sopra il fruscio di bisce e lucertole e brutti pensieri.
La Catananna vive lì. Felice ed arroccata. Complessa ed elegante. Materna e distante. Presente ed eterna. Il passato sfocia nel futuro e permanentemente risiede nel presente.
La matriarca ci insegna la strada. E segna i nostri passi.

Alessandra Paolini

Alessandra Paolini

Ex avvocato con una grande passione per la bioetica

Alla morte di suo padre si trova catapultata in una realtà che non conosce ed un po’ la spaventa. Non si lascia però sopraffare dal peso delle responsabilità e da tutte le fatiche che la guida di un’azienda agricola, fino a quel giorno vissuta e respirata solo indirettamente, può  portare.

Grazie alla sua forza di volontà e con l’indispensabile aiuto della famiglia, riesce a trasformare la sua azienda, Agricola Doria, in una vera eccellenza italiana.

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