Alessandra Paolini
Ex avvocato con una grande passione per la bioetica
Alla morte di suo padre si trova catapultata in una realtà che non conosce ed un po’ la spaventa. Non si lascia però sopraffare dal peso delle responsabilità e da tutte le fatiche che la guida di un’azienda agricola, fino a quel giorno vissuta e respirata solo indirettamente, può portare.
Grazie alla sua forza di volontà e con l’indispensabile aiuto della famiglia, riesce a trasformare la sua azienda in una vera eccellenza italiana.
Cosa posso dire di Doria? Quale il volto, l’aspetto, la peculiarità che, in poche o tante righe, possa trasmettere l’anima di un’azienda a chi, quest’anima, non ha respirato e forse mai respirerà?
Dire dei suoi anni, della sua storia? E’ troppa e troppo lunga, perché in primis, e forse in assoluto, è una storia di uomini, di generazioni che a Doria si sono votate con amore e abnegazione e nasce più di un secolo fa, quando il mio bisnonno e suo fratello acquistarono il primo piccolo nucleo per poi espandersi.
Non è facile parlare di Doria, perché è la storia di un amore, di cui forse si è inconsciamente gelosi e restii a parlare. Un amore, e non un innamoramento.Perché la mia infatuazione per quest’azienda il mio innamoramento, risale a troppo tempo fa, a quando ero una bambina e Doria era il mondo che amavo. Poi un giorno, per vicende troppo lunghe da narrare, ci trovammo di fronte, io e un’altra Doria, fatta di fatica, di responsabilità, di scelte, di impegno a volte anche di solitudine rimpianti e asperità e così iniziò il nostro amore. Un amore fatto anche un po’ di odio, come tutti i grandi amori, quell’odio che si insinua quando un sentimento ti chiama ad essere altro, altro oltre ciò che sei, che vorresti essere, che credi di essere, altrove rispetto a dove ti sta comodo stare. E così abbiamo camminato, Doria ed io e la mia meravigliosa famiglia che è anche la famiglia di Doria.
Non è facile parlare di Doria, perché è una storia che mi si è scritta dentro, ed io neppure riesco a leggerla, senza sentire il dolore di farla uscire fuori, allo scoperto, come se una parte di me sapesse che, oramai, la storia di Doria è la mia storia.
Non è facile parlare di un’azienda agricola. Almeno non per me. Almeno no se è la mia. Quella per cui lavoro, pur avendo fatto studi di altro genere e quella che mi conosce da prima che nascessi.
Mi viene da pensare sia giusto partire dai particolari, da dove sia ubicata, nella Piana di Sibari, la culla della Magna Grecia, fra il massiccio del Pollino e il Mar Jonio, dove, con la fioritura dei peschi, la vie en rose, o così pare, perché ad attraversare queste vaste distese di mille gradazioni di rosa ci si innamora anche di quel raccordo tutt’altro che pittoresco che, dallo svincolo sulla A3 porta a Doria, prima di sfociare sulla 106 per le Puglie.
Quando a volte, ai piedi degli ulivi guardo il Pollino, il mio gigante viola, penso che quello sia il colore che mi scorre nelle vene, altrimenti non potrebbero sobbalzare ogni volta così al suo richiamo, quando accarezzo il tronco scarno di un pesco svestito dall’inverno, penso che la mia pelle sia simile alla sua, esposte entrambe alle intemperie di questa terra, quando mi confondo fra i rami colmi di agrumi, immagino che siano questi i frutti che vorrei portare: pieni di vita.